Al Segretario Regionale del PD Peppino Lupo
Caro Peppino,
Dopo le umilianti bugie di oggi in Tribunale ad Agrigento, Ti invito a riflettere se non sia il caso che Tu proponga le irrevocabili dimissioni da Segretario del Partito Democratico Siciliano.
Oggi, in Tribunale, nell’ambito della discussione del mio Ricorso per ottenere la tessera del Partito, mi sono dovuto vergognare per te. Per la tua bella persona: colta, preparata, intelligente ma, evidentemente, non in grado di dirigere e governare un partito ove i mascalzoni la vorebbero fare da padroni e riescono certamente a prendere in giro te, il Segretario Regionale che ha pure vinto assieme a Franceschini le primarie ad Agrigento grazie al grande contributo mio e dei miei amici, “regalandoti” tali terribili figure.
Tra breve ritornerò sulla figuraccia nazionale che ha fatto il Partito innanzi a tutti i lettori del Il Fatto Quotidiano”: come certamente avrai avuto modo di vedere, in quarta pagina del numero oggi in edicola, è riportata – con un titolo a pagina intera e con una mia foto – la lettera a mia firma, con la quale racconto la scorcentante vicenda della tessera del PD che con artifizi – e, purtroppo, con la tua copertura – si tenta di non farmi ottenere.
Allego la lettera pubblicata dal Fatto Quotidiano ed evito di dilungarmi su di essa.
Vado immediatamente all’udienza di questa mattina innanzi al Tribunale di Agrigento per spiegarti le ragioni della mia umiliazione: ho dovuto assistere, quale esponente tra i più signifacativi di questo Partito alla scena che mi limito a descrivere e non commento ulteriormente.
Ti sei costituito a nome del Partito Democratico regionale e l’avvocato del PD Sicilia ha ritenuto, a mome appunto del Partito Siciliano, di contrastare la richiesta della mia tessera mediante ridicole bugie.
Chiariamolo: bugie in ordine alle quali il legale non ha alcuna responsabilità. Bugie messe nero su bianco da quel difensore, l’avv. Francesco Todaro, perché qualcuno (immagino chi!), avvalendosi del Tuo nome lo ha ingannato. Qualcuno (immagino chi!) ha ingannato il tuo legale, facendo apparire il Partito Democratico Siciliano un partito di bugiardi senza ritegno, di bugiardi spudorati.
La prima clamorosa bugia è stata quella di sostenere che il tesseramento nel Circolo “Agrigento Centro” era stato, riporto testualmente, “effettuato regolarmente a partire dal mese di maggio del corrente anno, in quanto è stato preceduto da apposito avviso reso pubblico con manifesto”
Avresti dovuto vedere, caro Peppino, i volti delle persone presenti in udienza quando ho fatto presente che quel manifesto non esisteva, tant’è che il tuo avvocato non lo stava producendo, nè aveva indicato testi disponibili a venire a proporre innanzi al Tribunale e innanzi a me una tale balla spaziale.
Che figura, caro Peppino, che figura!!
Cosa penseranno i nostri cari Elettori di un partiito che – per non dare la tessera al suo esponente più votato ed impedirgli di candidarsi a sindaco e vincere le elezioni – va a mentire in Tribunale, produce scritti ove affida le sue difese a clamorose menzogne.
Questa la prima abbagliante falsità, dimostratasi immediatamente tale tra i sorrisetti di tutti.
E a questa se ne accompagnava una seconda: il Tuo avvocato ha asserito che Arnone, comunque, non aveva diritto alla tessera perché al Consiglio Comunale di Agrigento era iscritto ad un gruppo consiliare diverso da quello del Partito Democratico.
Dalla padella alla brace.
Ho immediatamente prodotto al Giudice una Sentenza che accertava che io ero iscritto, da sempre, al gruppo consiliare del Partito Democratico al Comune di Agrigento. Altra cosa, ovviamente, è che quel gruppo non viene mai convocato e le mie richieste in tal senso cadono nel vuoto.
Ora caro Peppino, se Tu, come mi pare evidente, non sei in grado di mettere in riga gente come Messana, Capodicasa, Di Benedetto, Pistone etc etc.. è bene che valuti seriamente l’opportunità di dimetterti. In tal modo, a mio avviso, si fanno solo danni.
A proposito di questa banda di galantuomini, hai mai pensato di farti chiarire da Emilio Messana perché ha commeso reati penali, falsificando le carte per nominare amici suoi, all’insaputa di tutti, rappresentanti del Partito presso la Commissione elettorale del Tribunale civile, in occasione delle Regionali 2008?
Hai mai pensato di farti chiarire da Pistone, perché è andato a raccontare ai Giudici, mentendo, di non essere in grado di riconoscere la sua firma?
Hai mai pensato di farti spiegare da Capodicasa perché faceva riunioni con il corruttore Gaetano Scifo, appena scarcerato con accuse pesantissime sul groppone e ritenuto prestanome dei mafiosi?
Hai mai chiesto a Capodicasa chiarimenti sugli episodi raccontati dal super pentito di mafia, Maurizio Di Gati, che lo collocano in una luce molto, ma molto, negativa?
Concludo. Questi quesiti, questi chiarimenti, all’interno del Partito io li ho chiesti. L’ho fatto con i miei modi e con i miei toni. Ed è questa la ragione per cui ad Agrigento non vogliono darmi la tessera del PD e, anzi, vengono mandati gli avvocati del Partito a proporre ridicole menzogne innanzi a un Tribunale della Repubblica.
Rifletti Peppino, rifletti e poi magari presemnta la tua lettera di dimissioni.
Agrigento, 27 dicembre 2011
Avv. Giuseppe Arnone
Ad Antonio Padellaro, direttore de “Il Fatto Quotidiano”
LETTERA APERTA
Arnone cita Bersani per ottenere la tessera del PD, dopo l’incredibile atteggiamento dei dirigenti del Partito Democratico agrigentino i quali, pur di non dare la tessera ad Arnone, hanno assunto l’incredibile scelta di non aprire il tesseramento in città.
Tangentopoli al Comune e minacce ad Arnone: tra il silenzio e i tentativi di delegittimazione dei vertici del PD locale, agli attestati di sostegno e stima da parte dei senatori Lumia e Ferrante.
Caro Antonio,
come ho avuto modo di dirti nelle occasioni in cui ci siamo incontrati, ritengo che “Il Fatto Quotidiano” svolga una funzione essenziale nel panorama informativo nazionale, quella della “coscienza critica” in ordine alla questione morale e al rinnovamento della politica.
Per questa ragione, mi pare estremamente utile segnalare quest’altra vicenda politico – giudiziaria, che, seppure incardinata innanzi al Tribunale Civile di Agrigento, ritengo abbia una valenza ben più che localistica.
Si tratta di un vero e proprio “banco di prova” per comprendere in che misura Bersani abbia la lucidità e la forza di “emanciparsi” rispetto ai più torbidi e inquinati ambienti della politica siciliana.
Per i dati elettorali che più avanti leggerai, peraltro pubblici e notissimi, nonché per i recentissimi sondaggi commissionati dal PDL, vengo dato come il praticamente certo vincitore delle elezioni a sindaco di Agrigento della prossima primavera 2012.
A rafforzare il mio consenso, hanno contribuito sia le rivelazioni del principale dei pentiti di mafia della mia terra, che mi colloca come l’uomo politico più odiato e temuto da Cosa Nostra in terra agrigentina, sia le recentissime vicende giudiziarie che, a fine dello scorso novembre, hanno visto, a seguito di mie denunzie, scoppiare la tangentopoli all’Ufficio Urbanistica del Comune di Agrigento, con ben otto arresti e, particolare molto rilevante, l’inserimento nell’Ordinanza Cautelare di una intercettazione ove venivo definito, appunto per via delle denunzie, “gran cornuto”, “pezzo di cornuto”, meritevole di un “cappotto di legno”.
Ed ancora, Bersani potrebbe leggere una sintesi mia storia sull’ultimo libro di Angelino Alfano, “La mafia uccide d’estate”, ove il segretario del PDL dedica un paio di pagine allo “spietato” Arnone, “giustizialista” e ambientalista, uomo “dall’antiberlusconismo viscerale, che si è scontrato sulla questione morale” con “magistrati ritenuti acquiescenti, presidenti della Regione, sindaci, esponenti della sinistra ritenuti collusi, speculatori e abusivisti”.
Malgrado ciò, siamo alla fine dell’anno 2011 e non ho potuto avere la tessera del Partito Democratico, perché il gruppo dirigente locale, con in testa l’on. Capodicasa (di cui in modo molto, molto significativo, come vedremo, parlano i pentiti), ha posto in essere l’incredibile “furbata” di non aprire il tesseramento in città, e di non rispondere alle mie lettere con cui chiedevo la tessera.
Incredibile, ma vero. Non hanno avuto il coraggio di rifiutarmela, la tessera. E hanno scelto questo ridicolo artifizio: non aprire il tesseramento del Circolo “Agrigento Centro” e non dare risposta alle mie lettere, riservate e pubbliche, con le quali chiedevo il rilascio della tessera del PD.
A fronte di questa situazione, ho ritenuto prima di informare i distrattissimi dirigenti nazionali, con in testa il coordinatore nazionale Migliavacca, che ben conosce la situazione agrigentina. Quindi, a fronte di tanti silenzi – e palesi violazioni statutarie – il mio spirito legalitario mi ha portato a una scelta per certi versi clamorosa: chiedere al Tribunale di Agrigento di imporre al Partito Demoratico, tramite un provvedimento d’urgenza, di rilasciarmi la tessera. O, quantomeno, di rendere pubbliche le ragioni per le quali Capodicasa e i suoi “amichetti” non mi vogliono tra i piedi, non vogliono rilasciarmi la tessera del Partito.
I partiti, in Italia, prendono una barca di soldi dai contribuenti, chiedono e ottengono finanziamenti dallo Stato per organizzare la vita democratica nel Paese. Per cui, non possono far finta di niente quando un cittadino chiede di ottenere la tessera. Tanto più quando si tratta di un cittadino che gode, da solo, nella sua città, di un consenso ben superiore a quello dell’intero Partito (dati ufficiali dello Stato italiano, riferiti alle ultime elezioni amministrative nel Comune di Agrigento).
Alle Provinciali del 2008, nell’ambito di uno scontro “al coltello” con i miei “nemici”, decisi di concorrere da solo alla Presidenza della Provincia, senza neppure l’ausilio di liste di collegamento. Solo con la mia faccia e la mia storia, al solo fine di misurare i rapporti di forza interni, nonché di dimostrare ai dirigenti nazionali del PD che la gente stava con Arnone e non con Capodicasa e Crisafulli. Ad Agrigento, clamorosamente, finì 20 a 15. Il 20% ad Arnone, con la sola sua faccia, il 15% all’intero PD, con il simbolo del Partito, le liste di candidati collegate, il finanziamento pubblico, i deputati, i senatori, gli amministratori locali.
Credo che la vicenda meriti l’attenzione de “Il Fatto”, nell’ambito dell’assolutamente meritorio ruolo assunto da questo giornale in ordine al rinnovamento della politica e della sinistra, perché formalmente la mia controparte non è il Partito di Agrigento, bensì la segreteria nazionale e, secondo indiscrezioni raccolte, Bersani si costituirà con i suoi avvocati per difendere l’indifendibile.
Non la faccio lunga e ti segnalo i link ai commenti sulla citata intercettazione tra il consigliere comunale (che è uno dei più squallidi speculatori edilizi della città, operante persino dall’epoca della frana) e il dirigente dell’Urbanistica, ritenuto dalla Magistratura il capo dell’associazione a delinquere, reato per cui vi sono già stati otto arresti e si attendono ulteriori sviluppi.
La vicenda di questa intercettazione è brillantemente raccontata, oltre che su www.globalist.ch, sul giornale online www.sicilia24h.it: http://www.sicilia24h.it/quel-gran-cornuto-di-arnone_90773/, http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=5239&19-12-2011--Le-mani-sulla-citta-dei-templi
Vale la pena solo di aggiungere che, anche nel quadro delle minacce e degli insulti recenti ai miei danni, in un quadro di tentata delegittimazione ai miei danni da parte dei vertici locali del Partito Democratico, gli unici a prendere la parola sono stati i miei storici amici, esterni alla realtà agrigentina, i senatori Giuseppe Lumia e Francesco Ferrante: http://www.sicilia24h.it/lumia-pd-solidarieta-e-sostegno-a-giuseppe-arnone_91169/, http://www.sicilia24h.it/mafia-ed-intercettazioni-ferrante-pd-plaude-ad-arnone_91395/
Allego le dichiarazioni del pentito di mafia Maurizio Di Gati, e l’intero Ricorso da me presentato al Tribunale Civile di Agrigento.
Con stima.
Agrigento, 27 dicembre 2011
Giuseppe Arnone
Vale la pena di ricordare che Maurizio Di Gati è stato sempre ritenuto attendibilissimo dalla Magistratura. E sue testimonianze, peraltro, stanno alla base delle condanne di Marcello Dell’Utri, Totò Cuffaro, Vincenzo Lo Giudice, e dei corrotti dell’ospedale Garibaldi di Catania. di seguito uno stralcio dei verbali del pentito, ove questi parla in termini positivi di Arnone e Lumia, in termini fortemente negativi di Capodicasa.
IL PENTITO MAURIZIO DI GATI E LA SINISTRA
“Posso riferire dei fucili dati per uccidere l’On.le Giuseppe LUMIA; li ho dati a VIRGA Domenico ed ad un soggetto che è detenuto per le dichiarazioni di GIUFFRE”. VERBALE 1 DICEMBRE 2006
“So da FALSONE che GUELI di Campobello di Licata aveva rapporti con lui; anzi disse che GUELI era “una creatura nostra”, anche se era comunista, intendendo con riferimento alla famiglia mafiosa”. “Disse che tramite questo Sindaco si poteva arrivare a CAPODICASA per avere lavori. Per adesso mi ricordo questo”. VERBALE 1 DICEMBRE 2006
“Altro esponente politico di cui ho parlato con FALSONE Giuseppe in incontri avvenuti nel 2000 è GUELI di Campobello di Licata su cui ho già riferito in precedenti verbali. Ribadisco che tramite lui si poteva arrivare a CAPODICASA che so essere di Ioppolo Giancaxio ma che non ho mai conosciuto. Mandai a chiedere a Luigi CACCIATORE, vecchio capomafia di Ioppolo, tramite Stefano FRAGAPANE, se di questo CAPODICASA ci si poteva fidare. Il CACCIATORE mi disse che era una brava persona, eventualmente a disposizione, ma che purtroppo aveva sbagliato partito perché era candidato nella liste della sinistra”. VERBALE 22 FEBBRAIO 2007
“Parlando di politica, ricordo una circostanza relativa all’elezione a sindaco di SODANO, nella metà degli anni ’90. In quel momento c’era ARNONE l’ambientalista che era messo bene. In questa circostanza SODANO ebbe l’appoggio di Cosa Nostra nella persona di Arturo MESSINA. Durante un’incontro da Salvatore FRAGAPANE che allora era latitante a Casteltermini, eravamo presenti io, MESSINA Arturo, Salvatore CASTRONOVO. In quel contesto sentii il MESSINA lamentarsi di ARNONE, un ambientalista candidato a Sindaco di Agrigento che era in buona posizione per vincere le elezioni, che non
avrebbe consentito di mettere più “le mani” di Cosa Nostra su Agrigento. In relazione a tale fatto il MESSINA disse che SODANO gli si era rivolto per i voti e fu effettuata una raccolta di voti a cura di CASTRONOVO Salvatore ed Arturo MESSINA in entrambe le circostanze in cui SODANO fu sindaco di Agrigento; ciò consentì l’elezione di quest’ultimo”. VERBALE 19 APRILE 2007
“La società dell’autodromo si “metteva a posto” regolarmente e quando non avveniva gli mettevamo il segnale. Prima ci pensava Beniamino, poi se ne occupò Roberto. L’ultima volta che ricordo l’importo pagato fu di 10.000 Euro ed era l’ultima tranche della messa a posto. Ci basammo per la messa a posto sull’importo del finanziamento che se non sbaglio fu di 8.000.000.000 di lire. A.D.R. L’ing. MARCHESE e MORGANTE, entrambi soci, erano politicamente inseriti nel centro sinistra ed in particolare vicini all’on. CAPODICASA. Seppi da Lillo ROMANO che si erano rivolti a quest’ultimo per il finanziamento ai sensi della legge 488. Parlai con Lillo ROMANO perché sapevo che era tirchio e volevo capire come faceva a spendere per l’autodromo. “Parlai con Lillo ROMANO della questione autodromo prima della mia latitanza nel 1998. All’epoca stavano iniziando i primi sbancamenti e allora mi informai perchè volevo capire come funzionasse tutto il sistema, credendo che i lavori fossero solo una attività fittizia mirata solo a percepire i finanziamenti. Invece appresi da Lillo ROMANO come si svolgeva la cosa, ovvero che aveva i finanziamenti che percepivano grazie all’opera di ambienti politici palermitani ed in particolare dell’on. CAPODICASA, ai quali era stata promessa una tangente per tale intervento”. VERBALE 19 APRILE 2007
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