giovedì 29 dicembre 2011

Messana ,Pistone alle strette per non aver aperto il tesseramento ad Agrigento.


Giuseppe Arnone: La vicenda dell’udienza di domani, ove il Tribunale dovrà decidere sul come e sul perché Pistone e Messana, pur di non darmi la tessera PD, non hanno aperto il tesseramento del Circolo PD Agrigento Centro, merita un rilievo innanzi all’opinione pubblica nazionale, oltre che innanzi ai dirigenti del Partito Democratico. Per questa ragione ho deciso di riassumere la vicenda, tramite una lettera aperta al direttore de Il Fatto Quotidiano, Antonio Padellaro. Ritengo utile diffondere la lettera aperta, sia agli organi di informazione agrigentini, sia a quelli di Piacenza, nonché di inviarla all’Ufficio Stampa del Partito Democratico.
Agrigento, 27 dicembre 2011
Avv. Giuseppe Arnone

Ad Antonio Padellaro, direttore de “Il Fatto Quotidiano”

LETTERA APERTA
Arnone cita Bersani per ottenere la tessera del PD, dopo l’incredibile atteggiamento dei dirigenti del Partito Democratico agrigentino i quali, pur di non dare la tessera ad Arnone, hanno assunto l’incredibile scelta di non aprire il tesseramento in città.
Tangentopoli al Comune e minacce ad Arnone: tra il silenzio e i tentativi di delegittimazione dei vertici del PD locale, agli attestati di sostegno e stima da parte dei senatori Lumia e Ferrante.

Caro Antonio,
come ho avuto modo di dirti nelle occasioni in cui ci siamo incontrati, ritengo che “Il Fatto Quotidiano” svolga una funzione essenziale nel panorama informativo nazionale, quella della “coscienza critica” in ordine alla questione morale e al rinnovamento della politica.
Per questa ragione, mi pare estremamente utile segnalare quest’altra vicenda politico – giudiziaria, che, seppure incardinata innanzi al Tribunale Civile di Agrigento, ritengo abbia una valenza ben più che localistica.
Si tratta di un vero e proprio “banco di prova” per comprendere in che misura Bersani abbia la lucidità e la forza di “emanciparsi” rispetto ai più torbidi e inquinati ambienti della politica siciliana.
Per i dati elettorali che più avanti leggerai, peraltro pubblici e notissimi, nonché per i recentissimi sondaggi commissionati dal PDL, vengo dato come il praticamente certo vincitore delle elezioni a sindaco di Agrigento della prossima primavera 2012.
A rafforzare il mio consenso, hanno contribuito sia le rivelazioni del principale dei pentiti di mafia della mia terra, che mi colloca come l’uomo politico più odiato e temuto da Cosa Nostra in terra agrigentina, sia le recentissime vicende giudiziarie che, a fine dello scorso novembre, hanno visto, a seguito di mie denunzie, scoppiare la tangentopoli all’Ufficio Urbanistica del Comune di Agrigento, con ben otto arresti e, particolare molto rilevante, l’inserimento nell’Ordinanza Cautelare di una intercettazione ove venivo definito, appunto per via delle denunzie, “gran cornuto”, “pezzo di cornuto”, meritevole di un “cappotto di legno”.
Ed ancora, Bersani potrebbe leggere una sintesi mia storia sull’ultimo libro di Angelino Alfano, “La mafia uccide d’estate”, ove il segretario del PDL dedica un paio di pagine allo “spietato” Arnone, “giustizialista” e ambientalista, uomo “dall’antiberlusconismo viscerale, che si è scontrato sulla questione morale” con “magistrati ritenuti acquiescenti, presidenti della Regione, sindaci, esponenti della sinistra ritenuti collusi, speculatori e abusivisti.
Malgrado ciò, siamo alla fine dell’anno 2011 e non ho potuto avere la tessera del Partito Democratico, perché il gruppo dirigente locale, con in testa l’on. Capodicasa (di cui in modo molto, molto significativo, come vedremo, parlano i pentiti), ha posto in essere l’incredibile “furbata” di non aprire il tesseramento in città, e di non rispondere alle mie lettere con cui chiedevo la tessera.
Incredibile, ma vero. Non hanno avuto il coraggio di rifiutarmela, la tessera. E hanno scelto questo ridicolo artifizio: non aprire il tesseramento del Circolo “Agrigento Centro” e non dare risposta alle mie lettere, riservate e pubbliche, con le quali chiedevo il rilascio della tessera del PD.
A fronte di questa situazione, ho ritenuto prima di informare i distrattissimi dirigenti nazionali, con in testa il coordinatore nazionale Migliavacca, che ben conosce la situazione agrigentina. Quindi, a fronte di tanti silenzi – e palesi violazioni statutarie – il mio spirito legalitario mi ha portato a una scelta per certi versi clamorosa: chiedere al Tribunale di Agrigento di imporre al Partito Demoratico, tramite un provvedimento d’urgenza, di rilasciarmi la tessera. O, quantomeno, di rendere pubbliche le ragioni per le quali Capodicasa e i suoi “amichetti” non mi vogliono tra i piedi, non vogliono rilasciarmi la tessera del Partito.
I partiti, in Italia, prendono una barca di soldi dai contribuenti, chiedono e ottengono finanziamenti dallo Stato per organizzare la vita democratica nel Paese. Per cui, non possono far finta di niente quando un cittadino chiede di ottenere la tessera. Tanto più quando si tratta di un cittadino che gode, da solo, nella sua città, di un consenso ben superiore a quello dell’intero Partito (dati ufficiali dello Stato italiano, riferiti alle ultime elezioni amministrative nel Comune di Agrigento).
Alle Provinciali del 2008, nell’ambito di uno scontro “al coltello” con i miei “nemici”, decisi di concorrere da solo alla Presidenza della Provincia, senza neppure l’ausilio di liste di collegamento. Solo con la mia faccia e la mia storia, al solo fine di misurare i rapporti di forza interni, nonché di dimostrare ai dirigenti nazionali del PD che la gente stava con Arnone e non con Capodicasa e Crisafulli. Ad Agrigento, clamorosamente, finì 20 a 15. Il 20% ad Arnone, con la sola sua faccia, il 15% all’intero PD, con il simbolo del Partito, le liste di candidati collegate, il finanziamento pubblico, i deputati, i senatori, gli amministratori locali.

Credo che la vicenda meriti l’attenzione de “Il Fatto”, nell’ambito dell’assolutamente meritorio ruolo assunto da questo giornale in ordine al rinnovamento della politica e della sinistra, perché formalmente la mia controparte non è il Partito di Agrigento, bensì la segreteria nazionale e, secondo indiscrezioni raccolte, Bersani si costituirà con i suoi avvocati per difendere l’indifendibile.

Non la faccio lunga e ti segnalo i link ai commenti sulla citata intercettazione tra il consigliere comunale (che è uno dei più squallidi speculatori edilizi della città, operante persino dall’epoca della frana) e il dirigente dell’Urbanistica, ritenuto dalla Magistratura il capo dell’associazione a delinquere, reato per cui vi sono già stati otto arresti e si attendono ulteriori sviluppi.
Vale la pena solo di aggiungere che, anche nel quadro delle minacce e degli insulti recenti ai miei danni, in un quadro di tentata delegittimazione ai miei danni da parte dei vertici locali del Partito Democratico, gli unici a prendere la parola sono stati i miei storici amici, esterni alla realtà agrigentina, i senatori Giuseppe Lumia e Francesco Ferrante: http://www.sicilia24h.it/lumia-pd-solidarieta-e-sostegno-a-giuseppe-arnone_91169/, http://www.sicilia24h.it/mafia-ed-intercettazioni-ferrante-pd-plaude-ad-arnone_91395/
Allego le dichiarazioni del pentito di mafia Maurizio Di Gati, e l’intero Ricorso da me presentato al Tribunale Civile di Agrigento.
Con stima.
Agrigento, 27 dicembre 2011
Giuseppe Arnone

Vale la pena di ricordare che Maurizio Di Gati è stato sempre ritenuto attendibilissimo dalla Magistratura. E sue testimonianze, peraltro, stanno alla base delle condanne di Marcello Dell’Utri, Totò Cuffaro, Vincenzo Lo Giudice, e dei corrotti dell’ospedale Garibaldi di Catania. di seguito uno stralcio dei verbali del pentito, ove questi parla in termini positivi di Arnone e Lumia, in termini fortemente negativi di Capodicasa.

IL PENTITO MAURIZIO DI GATI E LA SINISTRA

“Posso riferire dei fucili dati per uccidere l’On.le Giuseppe LUMIA; li ho dati a VIRGA Domenico ed ad un soggetto che è detenuto per le dichiarazioni di GIUFFRE”. VERBALE 1 DICEMBRE 2006

“So da FALSONE che GUELI di Campobello di Licata aveva rapporti con lui; anzi disse che GUELI era “una creatura nostra”, anche se era comunista, intendendo con riferimento alla famiglia mafiosa”. “Disse che tramite questo Sindaco si poteva arrivare a CAPODICASA per avere lavori. Per adesso mi ricordo questo”. VERBALE 1 DICEMBRE 2006

“Altro esponente politico di cui ho parlato con FALSONE Giuseppe in incontri avvenuti nel 2000 è GUELI di Campobello di Licata su cui ho già riferito in precedenti verbali. Ribadisco che tramite lui si poteva arrivare a CAPODICASA che so essere di Ioppolo Giancaxio ma che non ho mai conosciuto. Mandai a chiedere a Luigi CACCIATORE, vecchio capomafia di Ioppolo, tramite Stefano FRAGAPANE, se di questo CAPODICASA ci si poteva fidare. Il CACCIATORE mi disse che era una brava persona, eventualmente a disposizione, ma che purtroppo aveva sbagliato partito perché era candidato nella liste della sinistra”. VERBALE 22 FEBBRAIO 2007

“Parlando di politica, ricordo una circostanza relativa all’elezione a sindaco di SODANO, nella metà degli anni ’90. In quel momento c’era ARNONE l’ambientalista che era messo bene. In questa circostanza SODANO ebbe l’appoggio di Cosa Nostra nella persona di Arturo MESSINA. Durante un’incontro da Salvatore FRAGAPANE che allora era latitante a Casteltermini, eravamo presenti io, MESSINA Arturo, Salvatore CASTRONOVO. In quel contesto sentii il MESSINA lamentarsi di ARNONE, un ambientalista candidato a Sindaco di Agrigento che era in buona posizione per vincere le elezioni, che non
avrebbe consentito di mettere più “le mani” di Cosa Nostra su Agrigento. In relazione a tale fatto il MESSINA disse che SODANO gli si era rivolto per i voti e fu effettuata una raccolta di voti a cura di CASTRONOVO Salvatore ed Arturo MESSINA in entrambe le circostanze in cui SODANO fu sindaco di Agrigento; ciò consentì l’elezione di quest’ultimo”. VERBALE 19 APRILE 2007

“La società dell’autodromo si “metteva a posto” regolarmente e quando non avveniva gli mettevamo il segnale. Prima ci pensava Beniamino, poi se ne occupò Roberto. L’ultima volta che ricordo l’importo pagato fu di 10.000 Euro ed era l’ultima tranche della messa a posto. Ci basammo per la messa a posto sull’importo del finanziamento che se non sbaglio fu di 8.000.000.000 di lire. A.D.R. L’ing. MARCHESE e MORGANTE, entrambi soci, erano politicamente inseriti nel centro sinistra ed in particolare vicini all’on. CAPODICASA. Seppi da Lillo ROMANO che si erano rivolti a quest’ultimo per il finanziamento ai sensi della legge 488. Parlai con Lillo ROMANO perché sapevo che era tirchio e volevo capire come faceva a spendere per l’autodromo. “Parlai con Lillo ROMANO della questione autodromo prima della mia latitanza nel 1998. All’epoca stavano iniziando i primi sbancamenti e allora mi informai perchè volevo capire come funzionasse tutto il sistema, credendo che i lavori fossero solo una attività fittizia mirata solo a percepire i finanziamenti. Invece appresi da Lillo ROMANO come si svolgeva la cosa, ovvero che aveva i finanziamenti che percepivano grazie all’opera di ambienti politici palermitani ed in particolare dell’on. CAPODICASA, ai quali era stata promessa una tangente per tale intervento”. VERBALE 19 APRILE 2007

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