lunedì 28 novembre 2011

CHIEDI SCUSA


Questo si legge, a caratteri giganteschi, nel manifesto – posterbus di 6 metri per 3 che Massimo D’Alema ha trovato ad Agrigento all’entrata della piazza del Teatro Pirandello, ove ha commemorato il partigiano e parlamentare comunista Salvatore Di Benedetto, a 100 anni dalla nascita.
Arnone, autore dell’iniziativa, ha inserito nel posterbus le ragioni per le quali D’Alema, se proprio voleva commemorare il capo partigiano, doveva farlo “chiedendo pubblicamente scusa”, per le ferite sanguinanti che i suoi amici Crisafulli, Capodicasa, Messana e Pistone hanno recato ai valori per i quali il partigiano Totò Di Benedetto ha messo in gioco la propria esistenza e la propria vita.
Questo ed altro stava nella facciata “A” del posterbus. Mentre, dall’altro lato, vi era quest’altra scritta di analoghe dimensioni: “Caro D’Alema, l’affaire Penati non è un caso. Totò Di Benedetto non amava le buffonate: ricordiamolo affrontando il problema dei problemi, la questione morale che ci riguarda”.
Arnone ha così sintetizzato le articolate argomentazioni che si potevano leggere nei caratteri più contenuti delle due facce del posterbus: “Sono d’accordo con Renzi, anzi la rottamazione di Renzi va riempita di contenuti politici ed etici. Quando un capo come D’Alema riesce ad imporre la ricandidatura del suo capocorrente siciliano, Crisafulli, malgrado lo scandaloso colloquio videoregistrato dalla Polizia, ove Crisafulli parlava con il mafioso Bevilacqua di appalti da spartire e lottizzare, e di colpi (cioè tangenti) che dovevano battere le imprese, questo Partito rimane privo di regole e di criteri di minima decenza e legalità. Non vi è nessuna differenza tra i metodi di Crisafulli e Capodicasa e dei berlusconiani siciliani. E quando D’Alema impone il mantenimento di Crisafulli come capo politico, è del tutto ovvio che a Sesto S. Giovanni, con Penati, o in Puglia, con Frisullo e Tedesco, o in Campania, o a Bologna con Del Buono, possono avvenire impunemente le cose e gli affari più turpi e loschi. D’Alema è il garante dell’infame principio che chi sbaglia non paga. Oggi, per la prima volta, un dirigente politico fortemente sostenuto dal consenso popolare quale io sono, ha ritenuto di stracciare il velo del sepolcro imbiancato del dalemismo in Sicilia. Occorre che D’Alema si renda conto che uomini come Crisafulli – che ritengono normale rapportarsi con i boss – o come Capodicasa – che organizza riunioni a sostegno delle pretese e degli interessi illeciti del corruttore appena scarcerato Scifo – non possono più avere spazio nel Partito Democratico e nella Sicilia del futuro. E ho anche distribuito ai partecipanti all’iniziativa un articolato documento, con il quale dimostro che, ad esempio, il Partito Democratico in provincia di Agrigento è molto, molto peggio dello stesso partito agrigentino di Alfano ove, quantomeno, si ha la decenza di non affidare incarichi di primo piano a responsabili di gravi reati. Non solo, ma rivolgo anche un appello ai dirigenti nazionali dell’Associazione Partigiani perché è un’offesa ai valori della Resistenza avere come segretario provinciale dell’ANPI, un signore che ha mentito spudoratamente e senza dignità avanti un Tribunale, dichiarando addirittura di non essere in grado di dire se aveva o meno apposto la sua sottoscrizione in calce a un atto pubblico che gli veniva mostrato.
Agrigento, 19 novembre 2011
Avv. Giuseppe Arnone
Consigliere Comunale P.D. 

Nessun commento:

Posta un commento